Giovedì 3 luglio dalle 19:00 (ritrovo ore 18:45 | partecipazione gratuita | info e prenotazioni 3519137972) la visita guidata partirà dal Castello Volante di Corigliano d'Otranto, seguendo il filo invisibile dell’acqua che, come la musica, attraversa confini e connette persone. Le partecipanti e i partecipanti scopriranno come, nel tempo, l’essere umano abbia affrontato e risolto il problema idrico in un territorio storicamente povero di acqua, come quello della Puglia e della Grecía Salentina. A partire dalle eloquenti fotografie dell’Archivio Palumbo e dalle antiche cisterne custodite nell'antico maniero, il percorso condurrà fino alla "vasca” dell’Acquedotto Pugliese, uno dei più grandi serbatoi idrici fuori terra d’Europa, per assistere alla restituzione del laboratorio. Lungo il cammino, si incontreranno le Pozzelle — veri e proprie vasche naturali di comunità — e si raggiungerà una dolina carsica, il Laccu te lu Murica, dove un tempo i piccoli del paese andavano a giocare, “come cerchi nell’acqua che non sanno nuotare”. Alle 20:00 ai piedi del Serbatoio alto la restituzione pubblica del laboratorio di teatro comunitario che ha coinvolto un gruppo eterogeneo di persone per età, provenienza ed esperienza: Frantumare le distanze è il primo verso di "Cerchi nell’acqua", canzone del cantautore Paolo Benvegnù, scomparso prematuramente pochi mesi fa, che dà il titolo e il senso a questa edizione del festival. Frantumare le distanze è anche una sintesi perfetta di quello che può fare il teatro. Frantumare le distanze è infine anche quello che fa l’acqua, elemento liquido che unisce sponde e travalica steccati, in continuo, instancabile movimento: cammina imperterrita, senza chiedersi perché. Le persone partecipanti sono state invitate, attraverso le pratiche ludiche e comunitarie dell’arte teatrale a manipolare testi, fisicità e movimenti, stimolati dal tema dell’acqua e dalle parole dei brani di Benvegnù. È stato così dato corpo e voce a piccole storie personali fino a costruire una cartografia emotiva, sensoriale, e relazionale. Il teatro è stato dunque il mezzo di una comunicazione sociale e allo stesso tempo anche di espressione individuale e di progettazione condivisa. «Questa restituzione finale non mira alla compiutezza di una drammaturgia teatrale convenzionale, obiettivo che avrebbe tolto spazio al processo di ricerca individuale e collettiva a favore di un'apparente professionalità della confezione», sottolinea Alessandra De Luca. «Ci è sembrato più interessante invece pensarla e strutturarla come la raccolta di appunti di viaggio, l’esposizione cruda e la giustapposizione di momenti di un processo incompiuto ma vivo, come deve esserlo ogni processo autenticamente creativo. Non uno spettacolo dunque, quanto l’esposizione del percorso vivo di un gruppo variegato di persone di età e provenienze diverse».
