Tradizione e sperimentazione. Si muovono in bilico tra questi due territori, i C’mon Tigre, duo attorno al quale ruotano musicisti provenienti da più parti del mondo. Immaginatevi un cantiere aperto dove bassi e chitarre dialogano con fiati, synth, percussioni, vibrafoni, immergendo l’ascoltatore in un viaggio sonoro sensuale e ipnotico. Salpando dal bacino del Mediterraneo e lasciandosi guidare dalla fascinazione per l’Africa e il Medioriente, i C’mon Tigre danno forma a un linguaggio inedito, originale, fatto di commistioni con il jazz, l’afrojazz, le ritmiche dell’hip hop, il funk, la disco anni Settanta. Il tutto senza mai chiudersi in uno stile, ma spingendo al massimo l’esplorazione quale dimensione che ogni viaggio degno di questo nome dovrebbe racchiudere. Due i cd all’attivo “C'Mon Tigre” (2014) e “Racines” (2019). Il titolo del più recente è una parola francese che significa “radici”, laddove le radici sono quelle musicali in cui piedi, testa e cuore dei C’mon Tigre sono immersi, e da cui, con i loro brani contaminati, spiccano il volo per creare ambientazioni sonore inedite. Nel disco i suoni del Mediterraneo - il mare della loro terra -, si intersecano, intrecciano e sovrappongono con un caleidoscopio di altre sonorità e un approccio nuovo, basato - spiegano - “sul tipo di lavoro che avevamo fatto riarrangiando il primo album per i live, quindi enfatizzando la parte sintetica dei pezzi”.